a cura di Veronica Cireneo
Lo diciamo da anni, e con noi la schiera degli amici di Dio, che attualmente c'è un attacco senza precedenti alla Santa Messa e all'Eucarestia. Il movimento degli Alleati che combatte gli abusi eucaristici e liturgici nasce e opera appunto con l'intento privilegiato di sensibilizzare il mondo, che l'ha dimenticato, circa la presenza reale di Cristo nell' Ostia. Anche in questi giorni santi, con un certo raccapriccio, abbiamo assunto l'ennesima scandalosa notizia, da verificare, di un vescovo piemontese che durante la Messa vorrebbe negare l'Ostia Santa ai fedeli che si presentassero inginocchiati al momento della distribuzione Eucaristica. Avevamo già affrontato un caso simile (qui) Se corrispondente al vero, si sappia che il fatto sarebbe un illecito, quasi un "far west liturgico", giacché contrasta con i documenti ufficiali ecclesiali. L'Istruzione Redemptionis Sacramentum, ad esempio, sottoscritta da Sua Santità Giovanni Paolo II ai punti 90-92 illustra con estrema chiarezza che sta al fedele la scelta circa il modo di ricevere l'Eucarestia e non al sacerdote. Facciamo quindi eco, a questo nuovo preannunciato scempio, con la pubblicazione dell' intervento sul tema ricevuto da Investigatore Biblico, che ringraziamo per la cortesia, che è invece un vero e proprio inno all'atto della genuflessione, compiuta a mani giunte davanti al Re dei Re. Approfittiamo tutti della Settimana Santa e della Pasqua ( Ivrea in particolare, tutta si inginocchi!) per andare davvero contro la corrente luciferina che vorrebbe svalutare il Corpo di Cristo e ridurLo da Soggetto a oggetto. Oggetto rispetto al Quale: caramelle, patatine, biscotti, hamburger e qualsiasi altra cosa al mondo commestibile e non, avrebbe molta più dignità di Quelle Carni e Sangue offerti in Sacrificio per noi. Cristo vuole un popolo prostrato e inginocchiato davanti a Lui. Checché ne dicano improvvisati dittatori e falsi profeti dell'ultim'ora. E noi siamo qui per fare la Sua Volontà. Non altre. Buona lettura e battaglia...Miserere.
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Inginocchiarsi è una dichiarazione d'amore
Ci sono gesti che parlano più delle parole, che custodiscono in sé un linguaggio profondo, fatto di memoria, di umiltà, di amore.
Tra questi, il gesto di inginocchiarsi è forse il più eloquente, eppure oggi così trascurato, dimenticato, a volte perfino deriso. Inginocchiarsi per ricevere l’Eucaristia non è un atto superfluo, né una formalità liturgica da osservare distrattamente: è un gesto che educa l’anima, la piega, la plasma, la dispone al Mistero. È un linguaggio del corpo che diventa parola dello spirito.
Gesù, nella sua vita terrena, ha conosciuto il significato profondo dell’abbassarsi. Non ha disdegnato di chinarsi davanti ai piedi impolverati dei discepoli, per lavarli con l’acqua e l’amore (Gv 13,5).
Non ha esitato a inginocchiarsi nel Getsemani, “prostrato con la faccia a terra, pregava” (Mt 26,39), accettando la Volontà del Padre nell’intimità più dolorosa e vera. Se il Figlio di Dio ha scelto la via dell’umiliazione, quanto più noi, creature fragili e amate, dovremmo trovare in quel piegarci il senso della nostra fede...!
Inginocchiarsi non è un atto di sottomissione sterile, ma il riconoscimento che Qualcuno ci supera infinitamente in santità, in misericordia, in tenerezza.
È confessare con tutto il nostro essere che siamo mendicanti di Grazia, e che nel Pane spezzato davanti a noi si cela la Presenza Reale, Viva, Sostanziale, Palpitante del Signore. “Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra” (Fil 2,9-10). Ogni ginocchio si pieghi. Il nostro ginocchio si pieghi.
Viviamo in un tempo in cui l’ergersi sembra l’unica postura accettabile: ergersi in difesa delle proprie opinioni, dei propri diritti, dei propri desideri.
Eppure, è inginocchiandoci che ritroviamo la verità su noi stessi. La Chiesa, Madre Sapiente, ha sempre intuito che il corpo insegna all’anima, che il gesto prepara il cuore. Inginocchiarsi prima del Sacramento è già un atto di fede. È come dire: “Signore, non son degno (...) .È come fare spazio dentro di noi, allargare l’anfora, perché possa contenere il fuoco.
Il gesto dell’inginocchiarsi è silenzioso, ma non è vuoto: è colmo di adorazione.
Chi si inginocchia non si guarda, ma guarda l’Altro. In un tempo che ci educa al protagonismo, all’autosufficienza, a rimanere sempre in piedi e sempre al centro, inginocchiarsi è controcorrente. Ma è proprio nel silenzio di questo gesto che l’anima riprende il respiro. È lì che l’Eucaristia ci raggiunge davvero, non solo nella bocca, ma nel cuore, nella carne, nelle viscere. Perché ci siamo fatti piccoli, poveri, aperti.
Quando Pietro vide Gesù compiere la pesca miracolosa, cadde ai suoi piedi, dicendo: “Allontanati da me, Signore, perché sono un peccatore” (Lc 5,8). Eppure, proprio in quel momento, il Signore lo chiamò a seguirlo.
C’è un mistero in questo: quando ci riconosciamo indegni, quando ci inginocchiamo, allora possiamo ricevere la chiamata più alta. L’Eucaristia non è il premio dei giusti, ma il Pane dei poveri. Solo se ci chiniamo, lo possiamo accogliere per ciò che è: non un simbolo, ma Cristo Vivo.
E allora, inginocchiarsi diventa una preghiera, muta ma potentissima.
Diventa una dichiarazione d’amore.
Diventa un atto di verità. Non è nostalgia del passato, ma profezia del futuro. Perché un giorno, alla fine dei tempi, quando ogni cosa sarà rivelata, ogni ginocchio si piegherà.
Ma beato chi ha imparato a farlo ora, nel segreto del proprio cuore, davanti al Tabernacolo, sull’altare del quotidiano.
Beato chi ha saputo inginocchiarsi per ricevere il Re, che si fa Carne.
Investigatore Biblico (notte 143)
15 aprile 2025 - martedì santo
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