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§§§
C’è un disegno segreto che attraversa le nostre ossa e una sapienza nascosta nel corpo che abitiamo.
Non siamo solo materia plasmata. Siamo Parola fatta carne, frammento del divino che respira nel tempo.
Gesù morì a trentatré anni: trentatré come il numero delle vertebre che sorreggono la nostra colonna, asse della vita, albero interiore che ci tiene in piedi. E’ come se l’età della Sua Offerta fosse impressa nel nostro stesso sostegno: il corpo che ci regge porta in sé la memoria di Colui che ha sostenuto il mondo.
Dodici costole da un lato, dodici dall’altro: l’eco delle dodici tribù, dei dodici discepoli, delle dodici porte del Regno: Dio ha intessuto nella nostra anatomia la mappa del Cielo.
Non ha scritto la Sua Parola solo su tavole di pietra, ma nelle fibre della carne, nei ritmi del sangue, nei silenzi del cuore.
Così il nervo vago che scendendo dal cervello al cuore fino all’intestino è il filo invisibile che unisce pensiero, emozioni e viscere. La sua forma ricorda una croce: un segno tracciato nel profondo, che calma le tempeste interiori, che placa i venti e restituisce pace.
Ogni volta che il corpo guarisce, che il cuore si acquieta nella preghiera, che la serenità torna quando nulla li giustificherebbe, Quello è Lui. E’ la Sua vita che vibra nella nostra.
Gesù risorse il terzo giorno.
La scienza ci dice che, dopo tre giorni di digiuno, il corpo comincia a rigenerarsi: le cellule vecchie muoiono, le nuove prendono vita. Il corpo si rinnova, come in una piccola resurrezione quotidiana.
Non è una coincidenza, ma un’eco, un disegno. E’ teologia iscritta nella biologia.
Il cuore pulsa come una preghiera elettrica, il cervello si illumina quando l’anima si rivolge a Dio.
Le lacrime mutano la loro composizione a seconda che nascano dal dolore o dalla gioia: perfino l’acqua che esce da noi sa distinguere l’amore dalla ferita.
Il sangue parla. Le ossa ricordano.
Il corpo adora, anche quando non ne siamo consapevoli.
Siamo stati fatti in un modo meraviglioso, come canta il salmista.
Siamo profezia vivente, tabernacoli che camminano nella polvere. In noi la terra e il cielo si abbracciano, l’infinito prende respiro, l’eterno si fa carne.
Dio non si è limitato a crearci: si è scolpito dentro di noi. Ha posto la Sua impronta nei nostri nervi, nel respiro, nella luce degli occhi. Per trovarlo, non occorre guardare lontano.
Basta fermarsi, chiudere gli occhi e ascoltare il battito. Egli era nel disegno fin dall’inizio.
E continua a vibrare in ogni frammento di vita che si lasci amare.
Rosa Messina
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venerdì 14 novembre 2025
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a cura di Veronica Cireneo
Quella di Don Camillo è la recente strategia letteraria escogitata da A.M. Valli, che per il tramite dell'incipit: "Gesù avete visto..." e/o "Gesù avete sentito..." non le manda a dire! Nel contesto di questa finzione artistica il noto vaticanista veste alternativamente sia i panni del celebre Don Camillo, che suole intavolare col Crocifisso dibattiti su temi di una certa criticità, che quelli di Cristo stesso. Immedesimazione questa seconda che lo costringe a restare dentro i ranghi del registro linguistico consentito: cosa altrimenti ardua, visti gli argomenti affrontati!
Nella puntata odierna, i due, anzi i tre, anzi il solo Valli ci mostra - come dargli torto! - lo sconforto allucinato provocato dall'ultima trovata infernale applicata alla Messa Cattolica. Come fosse sulla scena di un film dell'orrore, anziché in una chiesa vera, un prete tedesco, per Halloween, celebra vestito da Dracula. A voi i commenti! Contenuti, possibilmente...! Buona lettura.
§§§
Don Camillo: – Gesù, avete visto?
Gesù: – Che cosa, don Camillo?giovedì 13 novembre 2025
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Con molto piacere diffondiamo questo studio condotto e ricevuto dal sacerdote che si fa chiamare: Investigatore Biblico, che affronta il tema della tiepidezza spirituale, argomento mai sufficientemente approfondito. Buona lettura.
§§§
LA TIEPIDEZZA SPIRITUALE
• NATURA E DEFINIZIONE
La tiepidezza spirituale costituisce uno stato intermedio in cui l’anima non è “né fredda né calda” (Ap 3,15), caratterizzato dall’assenza simultanea di zelo per il bene e di odio efficace del male. Distinto dalla semplice aridità spirituale, questo stato segna un rifiuto volontario di progredire nella perfezione cristiana.
- Differenze con l’aridità
L’aridità, stato legittimo e persino santificante provato dai santi nel loro cammino spirituale, si distingue essenzialmente dalla tiepidezza per la fedeltà perseverante al dovere. Nell’aridità, l’anima prova disgusto e ripugnanza a compiere i comandamenti, ma rimane fedele e compie la volontà divina nonostante la pena sentita. Il tiepido, al contrario, cede al disgusto, trascura i suoi doveri e resta soddisfatto di sé nella sua indifferenza colpevole.
- Essenza teologica
La tiepidezza rappresenta la mancanza al comandamento assoluto: «Siate perfetti come è perfetto il vostro Padre celeste» (Mt 5,48). La perfezione cristiana non ha che un solo limite: quello di non averne. Rifiutare di progredire nella carità verso Dio e il prossimo costituisce già un peccato, poiché nessuno stato di vita dispensa dalla perfezione.
• FONDAMENTO SCRITTURISTICO
- L’Apocalisse di san Giovanni
La settima lettera alle Chiese (Ap 3,14-22) costituisce il testo magistrale sulla tiepidezza. L’Angelo di Laodicea trasmette queste parole di Cristo: (Ap 3,15-16).Questa minaccia rivela la gravità eccezionale della tiepidezza: Cri«Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca.» sto preferirebbe persino lo stato di peccatore manifesto (freddo) a quello del tiepido, poiché il peccatore, conscio della sua miseria, conserva la vergogna che può condurlo alla conversione, mentre il tiepido si illude sul suo vero stato.
- L’accecamento del tiepido
«Tu dici: “Sono ricco, mi sono arricchito; non ho bisogno di nulla”, ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo.» (Ap 3,17). Questo accecamento procede dalla compiacenza in sé stessi e dal paragone agli altri piuttosto che alla santità di Dio. Il tiepido conserva alcune abitudini pie esteriori, ma vuote di merito interiore, il che nutre la sua illusione.
• DOTTRINA DELLA PERFEZIONE OBBLIGATORIA
- Comandamento universale
“Siate perfetti” (Mt 5,48) costituisce un imperativo, non un semplice consiglio evangelico. Contrariamente ai voti di religione che rimangono consigli, la perfezione obbliga universalmente, qualunque siano lo stato, il rango, l’età, la salute o i mezzi. I fanciulli martiri (sant’Agnese, santa Maria Goretti, san Domenico Savio) attestano che nessuno ne è dispensato.
- Insegnamento paolino
San Paolo esorta: «E perciò prego che la vostra carità si arricchisca sempre più in conoscenza e in ogni genere di discernimento, perché possiate distinguere sempre il meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di quei frutti di giustizia che si ottengono per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio.» (Fil 1,9-11). Questa progressione continua nella carità costituisce il mezzo ordinario della santificazione.
- Dottrina conciliare
Il Concilio di Trento, sessione VI, canone 26 sulla giustificazione, scaglia l’anatema contro colui che negasse che “i giusti non debbono aspettare e sperare una retribuzione eterna da parte di Dio in ragione della sua misericordia e dei meriti di Gesù Cristo, se perseverano sino alla fine a fare il bene e ad osservare i comandamenti divini».
• GRAVITÀ E CONSEGUENZE
- Prossimità alla dannazione
La Tradizione insegna che “la tiepidezza è prossima all’inferno.” Benché la tiepidezza non costituisca immediatamente un peccato mortale, essa rappresenta un grave disordine procedente dall’orgoglio, che conduce rapidamente alla perdita definitiva. San Gregorio di Nissa afferma nelle sue Omelie sul Cantico dei Cantici: Colui che sale non cessa mai di andare di inizio in inizio per mezzo di inizi che non hanno mai fine. Mai colui che sale cessa di desiderare ciò che già conosce.
- L’impossibilità della guarigione
Il castigo proprio del tiepido consiste precisamente nel suo accecamento spirituale: si crede in buona salute spirituale mentre è gravemente malato. Ora, nessuno può guarire colui che non si riconosce malato. Questa illusione perniciosa proviene dalla conservazione di pratiche esteriori prive di spirito interiore e dal paragone orizzontale agli altri uomini piuttosto che alla santità perfetta di Dio.
• RIMEDIO E VIA DI GUARIGIONE
- Il triplice consiglio cristico
Cristo stesso indica il rimedio: «Ti consiglio di comperare da me oro purificato dal fuoco per diventare ricco, vesti bianche per coprirti e nascondere la vergognosa tua nudità e collirio per ungerti gli occhi e ricuperare la vista.» (Ap 3,18).
L’oro purificato dal fuoco significa gli atti di virtù autentica, sostanzialmente puri, procedenti veramente dalla carità verso Dio per Dio solo, non per motivi mondani. Questi atti richiedono la violenza contro sé stessi e il sacrificio, prova dolorosa paragonabile al fuoco purificatore.
Le vesti bianche rappresentano i meriti veri acquisiti mediante l’unione a Cristo crocifisso, la vita di obbedienza, di mortificazione e di penitenza che nasconde il nostro nulla mediante la partecipazione al sacrificio redentore.
Il collirio simbolizza i lumi della fede per mezzo dei quali l’intelligenza si nutre delle verità divine. La contemplazione di Cristo crocifisso diventa necessaria per portare la propria croce: […] «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. […]» (Mt 16,24).
- La necessità dell’ascesi
Il progresso spirituale implica necessariamente l’ascesi. Mediante la ripetizione di atti virtuosi, la virtù diventa una seconda natura. Questa mortificazione contraddice le passioni cattive e conduce progressivamente alla pace e alla beatitudine: per mezzo della croce si giunge alla beatitudine.
- L’appello divino
«Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me. Il vincitore lo farò sedere presso di me, sul mio trono, come io ho vinto e mi sono assiso presso il Padre mio sul suo trono» (Ap 3,20-21). La promessa divina rimane: partecipare alla gloria di Cristo secondo il grado della nostra conformazione alla sua Passione.
• CONCLUSIONE DOGMATICA
La tiepidezza rappresenta il rifiuto pratico della vocazione universale alla santità. Grave disordine della vita spirituale, essa minaccia direttamente la salvezza eterna mediante l’illusione che genera.
Il rimedio esige un ritorno radicale all’imitazione di Cristo per mezzo della croce, illuminata dalla contemplazione dei misteri della fede.
«Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese» (Ap 3,22).
Investigatore Biblico
Fonte (qui )
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12 novembre 2025
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Ave o Maria piena di grazia….
Dedico questo breve scritto al Sacro Cuore di Gesù che ha tanto amato quegli uomini, dai quali non riceve che disprezzi.
L' idea del sacerdote che vorrei essere è la più conforme a ciò che Dio e la sua Immacolata Madre vogliono. O meglio, rubando il motto episcopale del molto Reverendissimo Card. Burke, vorrei essere un pastore... “secundum cor tuum”.
Ciò che un seminarista deve capire e sperimentare è che un sacerdote non è mai sacerdote per se stesso, ma esiste in ordine al servizio dei fedeli: "(…..) non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”. (Gal 2, 20).
L’amor proprio si spera che negli anni di seminario sia stato completamente o in gran parte sepolto o bene addomesticato, perché è: "un nemico che ogni tanto, come erba cattiva, ricresce e va sradicato". (cit. di San Bernardo)
Il sacerdozio non è mai un obiettivo di prestigio o di carrierismo. È infatti un onore, ma anche un grave onere, e più che un onore è una grande Grazia essere sacerdote.
Giungere alla Grazia di ricevere il Sacramento dell' Ordine dovrebbe essere strettamente parallelo all'' ascesa dell' anima, giunta al più completo rinnegamento del proprio io. Il ministero sacerdotale è un servizio di carità e piena dedizione alla Chiesa. Il maggior svuotamento di sé, equivale ad un maggiore frutto per le anime.
Sempre in servizio per il Signore vive per dargli gloria e per aumentare i cittadini del cielo.
Dare gloria a Dio e salvare anime è ciò che deve permeare l'opera di un ministro, possibilmente con la stessa ansiosa avidità che divorava il Cuore di Cristo, affinché anche la pecorella smarrita (Lc 15, 1-7 ) possa essere ritrovata ed il figliol prodigo tornare dal padre (Lc 15,11-32).
Ma per esprimere nel dettaglio il sacerdote che vorrei essere mi rifarò alle caratteristiche dell'apostolato di qualche Santo tra i miei preferiti.
Ecco allora che:
- vorrei avere lo Zelo di San Martino: monaco e Vescovo che lavoro' indefessamente fino all ultimo respiro tant’è che stremato dalle fatiche apostoliche giunse a dire al Signore:“Signore se sono ancora utile al tuo popolo non ricuso la fatica, altrimenti giunga la morte”.
- vorrei avere la carità e lo spirito di penitenza del Santo Curato d’Ars che riduceva le necessità corporali al minimo per donarsi interamente alle anime, stazionando per almeno dieci/dodici ore e anche di più nel confessionale quotidianamente , col caldo, col freddo e in ogni stagione.
- vorrei avere la dedizione allo studio di San Bonaventura e San Tommaso che non cercavano la la scienza che gonfia (1 Cor 8, 2), ma quella finalizzata a conoscere meglio Cristo, per amarlo di più e per farlo conoscere ed amare di più anche dagli altri.
- vorrei avere la diligenza e la responsabilità, nell' adempiere al ministero ricevuto, di un San Francesco di Sales che ben comprendeva, che il suo ufficio di Vescovo lo obbligava al buono e responsabile governo del suo gregge, al punto che pur di arrivare in visita pastorale, in tutte le parrocchie, senza saltarne una, giungeva a compiere veri propri gesti da acrobata. Come quando in varie occasioni dovette superare il letto dei fiumi a cavalcioni su dei tronchi o fare percorsi assai impervi in pieno inverno ed in montagna nonostante la non giovanissima età.
- vorrei avere la paternità e la sobria e sana allegria di un San Giovanni Bosco e di un San Filippo Neri,
- l' idea fissa di conquistare ogni cuore all’ Immacolata di San Massimiliano Kolbe
- la dolce devozione alla Rosario di San Pio da Pietrelcina o del Beato Gabriele Allegra.
- la fiducia nella Provvidenza di San Giuseppe Benedetto Cottolengo che asseriva, sepolto dai debiti e dalle preoccupazioni: " Bisogna prima soffrire, poi arriva la Provvidenza".
Vorrei impiegare ogni momento libero, dal confessionale e dall'insegnare la Dottrina Cattolica, ai piedi del Tabernacolo a pregare Rosari su Rosari.
- vorrei, come diceva don Dolindo parafrasando San Pietro andare in giro come leone ruggente, “alter Leone di Giuda” Gesù Cristo, cercando di fare il bene e spazzare la strada del mio cammino con fiumi di Ave Maria. Seminare ovunque le Ave Maria e invogliare altri con l' esempio a pregare inginocchiati o camminando o negli spostamenti di ogni genere. Pregare sempre!
Sì. Vorrei essere un benefattore dell' umanità perpetuamente e ogni attimo della mia vita, fino al mio ultimo respiro, allo stesso modo di come ben descrive l'Arciprete Luigi Martini nel suo: "Il seminarista che medita sopra il sacerdozio" dedicato al clero di Mantova:
“Ogni giorno, anzi ogni ora, ogni momento e ogni luogo presenta l' occasione al sacerdote di operare , essendo egli un‘ Ostia perpetua di espiazione, un mediatore assiduo, un apostolo di continuata beneficenza e d' indefettibile carità .
Che dimori in casa il Sacerdote, o che eserciti le sue funzioni in Chiesa, che corra per le strade, o sieda al circolo sociale , egli è sempre il maestro intorno al quale volge attento lo sguardo il fedele e l’incredulo, il vecchio ed il giovane, lo scienziato e l'idiota".
San Francesco di Sales era solito, prima di compiere ogni ufficio o azione, di prepararsi come se avesse dovuto celebrare la santa Messa! E questo il modo più serio di considerare e vivere il sacro ministero! Il sacerdozio deve essere visto come una serie continuata di atti liturgici, per far sì che tutta la vita sia una perpetua liturgia che trova il suo culmine propriamente nella celebrazione dei Sacri misteri e in primis nella Santa Messa.
Lavori dunque prima il cuore nella preghiera, dopodiche' siano le gambe e le mani a darsi da fare e quando queste hanno adempiuto il loro dovere, sia la mente ad entrare in azione con lo studio della sacra dottrina e nell'apostolato.
Il nostro essere sacerdoti di Cristo non conosca riposo, ma alterni la preghiera alle opere e queste allo studio, per illuminare e nutrire nella predicazione il gregge affidatoci e così sia.
Domine fac mihi secundum Cor tuum.
Un seminarista
11 novembre 2025

San Martino di Tours:
"Soldato per forza, vescovo per dovere, monaco per scelta".
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a cura di Veronica Cireneo
Carissime anime eucaristiche che ci leggete, offriamo oggi alla vostra attenzione spirituale la testimonianza di Padre B.Jerabek , un sacerdote americano, riguardante l'opportunità della Comunione sulla lingua e la sofferenza che gli provoca l'indulto troppo praticato della Comunione sulla mano Contiene riferimenti a Monsignor Athanasius Schneider, autore di due libri sul prezioso Tema, di cui il sacerdote consiglia la lettura. Conclude il pezzo una chiara esortazione. Buona meditazione e diffusione.
§§§
• Quando ero bambino, e mi preparavo a ricevere la Prima Comunione, ricordo che mi fu insegnato a riceverla nel modo tradizionale: sulla lingua. In effetti, se la memoria non mi inganna, ricevemmo la Comunione per intinzione, ossia il sacerdote intingeva con cura l’Ostia nel Preziosissimo Sangue prima di deporla sulla nostra lingua. Ci fu anche detto di lasciar sciogliere l’Ostia in bocca senza masticarla; credo fosse un consiglio molto pratico, perché masticandola si sarebbero potuti incastrare dei frammenti tra i denti, i quali poi avrebbero potuto essere espulsi con un colpo di tosse, uno starnuto o anche solo parlando.
Da quel giorno così importante della mia vita – sebbene ci siano stati molti anni in cui non andavo a Messa – ho sempre preferito ricevere la Santa Comunione sulla lingua. Mi è sempre sembrato il modo giusto.
• E anche ora, da sacerdote, quando semplicemente partecipo alla Messa in coro, continuo a riceverla sulla lingua. Infatti, una volta ordinato e avendo cominciato a riflettere su queste cose da una prospettiva molto più ravvicinata, per così dire – riflessioni spesso legate a questioni pratiche, come distribuire bene e in modo efficiente la Comunione, o purificare correttamente i vasi sacri – sono passato dall’avere una semplice preferenza personale contro la Comunione sulla mano ad avere serie perplessità per ragioni oggettive. Ho anche cominciato a notare che molti altri sacerdoti condividevano queste stesse preoccupazioni.
• La Comunione sulla mano è diventata per me fonte di grande sofferenza:
- dalla mancanza di riverenza che molti mostrano nel ricevere la Comunione sulla mano - ah, quante storie potrei raccontare! -
-alle mani sporche che porgono…
- dai frammenti dell’Ostia consacrata che inevitabilmente finiscono sulle mani e sul pavimento - Signore, pietà! -
- alla reale possibilità di furti a fini sacrileghi, cosa avvenuta in molti luoghi.
Non nego che la Chiesa lo permetta – almeno negli Stati Uniti – ma non penso che sia una scelta saggia da parte nostra.
• Inoltre, quando sono coinvolti i bambini, la pratica così diffusa della Comunione sulla mano presenta ulteriori problemi particolari: oltre al fatto che spesso hanno le mani sporche per aver giocato prima (o anche durante!) la Messa, manca loro spesso la coordinazione e la prontezza di riflessi: è capitato più volte che bambini abbiano fatto cadere l’Ostia che avevo posto con attenzione nelle loro mani, per via dei loro movimenti o della distrazione (.….) Perché tutto ciò?
• Credo sia a causa della perdita della fede nella Presenza Reale. Pochi cattolici la negherebbero apertamente con le parole; ma nei fatti, la vediamo continuamente negata. Credo che questo dogma sia diventato per molti una sorta di concetto “magico”, per così dire: Cristo è in qualche modo presente nell’Ostia, ma non si preoccupa delle briciole. Anche se questo è già meglio del non credere affatto nella Presenza Reale, resta comunque un errore, del tutto contrario all’insegnamento della Chiesa.
• Tra le altre ragioni a favore della Comunione sulla lingua, c’è anche il fatto che le mani del sacerdote – e solo le sue – sono consacrate per toccare il Santissimo Sacramento. Purtroppo, negli ultimi decenni è stata approvata la pratica di permettere ai laici di distribuire la Comunione come ministri straordinari; ciò è spiacevole, perché le loro mani non sono consacrate per questo compito. Alcuni sostengono che, poiché i laici ora possono toccare l’Ostia, allora tutti dovrebbero poter riceverla sulla mano. Ma attenzione: chi agisce come ministro straordinario riceve un mandato dall’autorità ecclesiastica, ed è (o dovrebbe essere) adeguatamente formato.
- Non sono l’unico ad essere turbato dalla Comunione sulla mano. Molti sacerdoti condividono questa preoccupazione; anche alcuni vescovi. Alcuni pensano che io sia scrupoloso, viste le mie premure in materia o l’attenzione che metto, ad esempio, nel purificare i vasi sacri: faccio molta attenzione a rimuovere ogni particella visibile del Corpo di Cristo e ogni goccia del Prezioso Sangue. Oltre a chi mi prende in giro dicendo che “lavo i piatti” (non sono piatti!), sono stato persino rimproverato da confratelli sacerdoti e anche da un vescovo.
Alcuni dicono: “Gesù è grande, sa badare a sé! Non preoccuparti tanto!” Ed è vero: Cristo è immensamente grande – ma nel Santissimo Sacramento diventa piccolissimo e fragile e si affida alle nostre cure.
• Monsignor Athanasius Schneider è tra i pochissimi vescovi che hanno parlato apertamente contro la pratica della Comunione sulla mano. Mons. A. Schneider – vescovo ausiliare in Kazakhstan ha scritto almeno due libri sull’argomento, uno dei quali intitolato " Corpus Christi. La Santa Comunione e il Rinnovamento della Chiesa". In questo eccellente e conciso libro, il buon vescovo espone argomenti convincenti per cui l’attuale pratica della Comunione sulla mano è imprudente e senza precedenti. Forse il termine “imprudente” è persino troppo blando: essa è offensiva verso Dio e ostacola il vero rinnovamento della Chiesa!
Mons. Schneider ha anche pubblicato un altro eccellente libretto su questo tema: " Dominus est. Riflessioni di un Vescovo dell’Asia Centrale sulla Santa Comunione".
Non posso raccomandarlo abbastanza. In esso racconta la storia delle “donne eucaristiche” che, vivendo sotto la persecuzione comunista, custodivano l’Eucaristia e trasmettevano ad altri la vera fede e la riverenza verso il Santissimo Sacramento. Il vescovo argomenta anche perché la Comunione sulla mano dovrebbe essere scoraggiata e, se possibile, abrogata. Se desideri leggere storie ispiratrici di santi che hanno fatto grandi sacrifici per proteggere l’Eucaristia, e crescere nella fede, ti consiglio vivamente questo libretto.
• I diritti di Nostro Signore Gesù Cristo. La Chiesa ci concede il diritto – negli Stati Uniti e in altri Paesi – di ricevere la Comunione sulla mano. Ma, come dice Mons. Schneider, anche nostro Signore Gesù Cristo ha dei diritti: in primo luogo, quello di essere trattato con il rispetto e l’adorazione che spettano alla Divinità.
• Esorto tutti a non ricevere mai la Comunione sulla mano, ma a riceverla con le dovute disposizioni - cioè in stato di grazia - e solo sulla lingua.
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Padre Bryan W. Jerabek, JCL: Rettore della Cattedrale di St. Paul a Birmingham, Alabama, e Cancelliere della Diocesi di Birmingham. Blog http://fatherjerabek.com . |
O Sacramento santissimo! O Sacramento divino! Ogni lode e ogni ringraziamento siano tuoi in ogni momento!
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Inoltre non ha mai aperto gruppi che spontaneamente e in tempi diversi aveva promesso di aprire in luoghi Sacramento santissimo! O Sacramento divino! Ogni lode e ogni ringraziamento siano tuoi in ogni momento!
Padre Bryan W. Jerabek, JCL, è Rettore della Cattedrale di St. Paul a Birmingham, Alabama, e Cancelliere della Diocesi di Birmingham. Il suo blog è http://fatherjerabek.com .
Sacramento santissimo! O Sacramento divino! Ogni lode e ogni ringraziamento siano tuoi in ogni momento!
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Veronica Cireneo. Carissimi, un breve post per informare di un evento r icevuto da "Iustitia in Veritate", che invita tutti ad ...