martedì, novembre 18, 2025

LA CORREDENZIONE DI MARIA: excursus dottrinale spiegato da Gaetano Masciullo.


Veronica Cireneo. Carissimi, in seno alla levata di scudi in difesa di Maria Corredentrice, offriamo alla vostra attenzione questo interessante contributo ricevuto da Gaetano Masciullo, che ringraziamo di cuore, attraverso il quale si evince che la vera ragione che ha spinto i teologi, neo-modernisti di palazzo, a pubblicare la Nota dottrinale sull'inopportunità del titolo di Corredentrice per Maria Santissima è di natura ecumenica. Solo un modo - questo sì certamente inopportuno - di favorire protestanti e musulmani. Il che è tutto dire... Buona lettura. 

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Maria è Corredentrice? Tutta la Dottrina spiegata. 

Il 4 novembre 2025 il Dicastero per la Dottrina della Fede ha pubblicato una Nota dottrinale nella quale si afferma che l’uso del titolo mariano tradizionale di Corredentrice sarebbe non solo inutile, ma persino dannoso. Nello stesso documento, tuttavia, viene al tempo stesso ribadita — seppur in modo non sempre preciso — la dottrina racchiusa in quel titolo. Il presente articolo intende fare chiarezza sul significato tradizionale di questa verità di fede, che da secoli accompagna il popolo cristiano nel suo sensus fidei.

I dogmi mariani

Per comprendere chi è Maria Santissima, bisogna considerare le sei verità di fede che ci parlano della sua figura, del suo ruolo e delle sue operazioni. Di queste sei verità di fede, solo quattro sono state solennemente definite dai Papi come dogmi. Riprendiamole rapidamente.

  1. Il dogma di Maria Madre di Dio (Theotokos), definito dal Concilio di Efeso nel 431, afferma che Maria è veramente Madre di Dio, perché ha generato secondo la carne Gesù Cristo, la cui natura di vero uomo è unita, pur restando distinta, alla natura di vero Dio;

  2. Il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria, definito da Pio IX con la bolla Ineffabilis Deus nel 1854, afferma che Maria, fin dal primo istante del suo concepimento, fu preservata per grazia singolare immune dal peccato originale, in vista dei meriti di Cristo;

  3. Il dogma della Perpetua Verginità di Maria (Aeiparthenos), definito dal Secondo Concilio di Costantinopoli nel 553, afferma che Maria, in virtù della sua esenzione dal peccato originale, rimase vergine sia a livello spirituale sia a livello fisico prima, durante e dopo il parto.

  4. Il dogma dell’Assunzione di Maria al Cielo, definito da Pio XII con la costituzione apostolica Munificentissimus Deus nel 1950, afferma che Maria, terminato il corso della sua vita terrena, fu assunta nella gloria del Paradiso in anima e corpo.

Oltre a questi dogmi, restano due verità di fede che restano tali in quanto non solo sono state credute sempreovunque da tutti (per inciso: queste sono le tre condizioni affinché una verità sia ritenuta di fede), ma anche perché seguono logicamente dai dogmi finora esposti, benché contrastate da teologi ed eretici di varie fazioni, e benché non siano mai state ad oggi definite in maniera dogmatica da Papi e Concili. Queste due verità di fede sono:

  1. La Corredenzione di Maria afferma che la Santa Vergine è stata associata in maniera singolare e privilegiata all’azione redentiva di Cristo, cioé alla sua Passione e alla sua Morte, per divenire a pieno titolo Madre della Chiesa.

  2. La Regalità di Maria, secondo quanto insegnato anche da Pio XII nell’Enciclica Ad Caeli Reginam del 1954, afferma che Maria è Regina del Cielo e della Terra non solo perché è Madre di Dio, ma anche perché, quale nuova Eva, è stata associata al nuovo Adamo sulla Croce.

Maria è lo strumento necessario, non l’agente della Redenzione

Tutti i dogmi e le verità di fede mariane orbitano - come pianeti intorno alla propria stella - intorno al primo dogma, ovvero quello della Maternità Divina, perché da esso scaturiscono e ad esso sono ordinati. Per capire bene il posto che la Corredenzione di Maria occupa in questo schema, bisogna recuperare alcune delle fondamentali e cristalline nozioni logiche della filosofia aristotelico-tomistica.

Tutte le cose che esistono possiedono quattro tipologie di causa: agente, fine, materia e forma. Per comprendere perché Maria sia propriamente parlando Corredentrice, è sufficiente chiedersi quali siano le quattro cause della Redenzione. Il fine della Redenzione è il recupero della vita soprannaturale perduta a causa del peccato originale; la sua forma, cioè la definizione stessa dell’opera redentrice, consiste in un sacrificio di espiazione offerto per ogni tipo di peccato.

Ora, la Redenzione presuppone l’Incarnazione. L’Incarnazione, da parte sua, presuppone necessariamente una figura che è terza sia rispetto a Cristo Dio (agente della Redenzione) sia rispetto alla specie umana (causa materiale soggetto della Redenzione, che è anche la materia del sacrificio: Cristo Uomo). Questo soggetto terzo è la Madre, senza la quale non c’è Incarnazione e quindi Redenzione. Il rapporto causale, dunque, tra la Madre e la Redenzione è di tipo agente ma strumentale, o detto altrimenti: Maria è il mezzo della Redenzione. Questo però non è sufficiente.

Lo strumento necessario della Redenzione è una persona, quindi Maria è Corredentrice

Il martello e la sega sono strumenti necessari per il falegname, ma questi strumenti non sono persone, cioé non sono enti dotati di intelletto e volontà proprie, quindi il martello e la sega non sono cooperatori o collaboratori del falegname. Sono solo meri strumenti.

Quando, invece, gli strumenti necessari sono persone, cioé enti dotati di intelletto e volontà, queste persone sono chiamate con il nome di collaboratori o cooperatori, cioé persone che lavorano insieme o operano insieme all’agente primo e principale. La conclusione che segue nel nostro ragionamento è logica. Se l’agente della Redenzione è Dio, e se lo strumento necessario della Redenzione è una donna che volontariamente si offre come Madre del Redentore, e se questa donna è una persona dotata di intelletto e di volontà, allora segue che tale donna opera insieme al Redentore, ossia è Corredentrice.

Il problema di questi teologi di palazzo che negano la verità di fede della Corredenzione di Maria è linguistico e logico, ancor prima che teologico. Infatti, il prefisso co- denota proprio unione, partecipazione e simultaneità nelle azioni e nelle funzioni, senza però denotare per forza un’uguaglianza assoluta (anche se, come vedremo, in Maria c’è, in certa misura, uguaglianza con il Figlio). Ovviamente ci sono situazioni in cui il prefisso co- denota reciproca partecipazione, per esempio il padre e la madre sono l’uno cogenitore dell’altra, e viceversa.

Ci sono però numerosi casi in cui la relazione non è bidirezionale, come per esempio in copilota e cofondatore. Il pilota è colui che guida, il copilota è colui che assiste alla guida. Il fondatore di un’azienda è colui che ha l’idea, il cofondatore è colui che sostiene con il proprio contributo creativo o finanziario. In quest’ultimo senso va inteso il co- in Corredentrice: Maria è Corredentrice di Cristo, ma Cristo non è corredentore di Maria.

Questa verità di fede, che ci parla di Maria come persona necessaria attraverso cui Dio opera la Redenzione, è tradizionalmente espressa dal famoso motto latino Per Mariam ad Jesum, “attraverso Maria si giunge a Gesù”. Questo è valido non solo dal punto di vista teologico-storico, ma anche dal punto di vista mistico-spirituale, come vedremo a breve.

L’opera di Maria è necessaria alla salvezza dell’uomo: senza la sua cooperazione, Cristo non avrebbe potuto redimere la specie umana; eppure, questa verità non contraddice il fatto che non è Maria ad operare la Redenzione, proprio come, nella nostra metafora, gli strumenti del falegname o del fabbro sono necessari per la costruzione di determinati oggetti, ma nessuno direbbe che sono stati il chiodo e il martello a costruire il tavolo, bensì il falegname.

Se Maria non è Corredentrice, Dio ha solo “usato” una donna

Se si nega che Maria sia Corredentrice, si finisce per ridurre la sua missione al ruolo di una donna semplicemente “usata” da Dio. Ma la fede cattolica afferma il contrario: riconoscere Maria come Corredentrice è essenziale, perché la Redenzione passa attraverso l’Incarnazione, e l’Incarnazione richiede una madre.

Se Maria fosse stata solo funzionale alla nascita di Cristo, Dio — che è onnipotente — avrebbe potuto fare a meno di lei, scegliendo altre vie. Invece, Egli ha voluto liberamente la sua partecipazione, non per necessità ma per amore e per rispetto dell’ordine creato naturale. Gratia non tollit naturam, sed perficit. Negare questo significa svuotare la figura di Maria, riducendola a un mezzo privo di dignità e rendendo incomprensibile il culto che la Chiesa le tributa. È, in fondo, la prospettiva protestante. Non a caso san Tommaso d’Aquino ammoniva: parvus error in principio, magnus in fine — un piccolo errore all’inizio porta a grandi conseguenze alla fine.

Questo ci fa capire che la vera ragione che ha spinto i teologi neo-modernisti di palazzo a pubblicare questa Nota, che lascia trapelare una così grande preoccupazione per l’eventuale oscuramento della “unicità della mediazione salvifica di Cristo”, è di natura ecumenica. Infatti, secondo protestanti e musulmani, Maria è necessaria sì per la nascita di Gesù, ma solo in quanto strumento docile nelle mani di Dio, come un martello nelle mani del falegname, non come una persona dotata di intelletto e volontà. Un oggetto passivo, non un soggetto attivo.

Da Maria Corredentrice a Maria Madre della Chiesa e Madre della Grazia

Si è detto che tutte le verità mariane orbitano intorno al dogma principale, ossia quello della Maternità Divina di Maria. Come abbiamo visto, Maria è Corredentrice proprio perché è stato il mezzo necessario che ha consentito l’Incarnazione e la Redenzione. Senza il fiat libero di Maria non sarebbe stato possibile per il Figlio assumere la carne umana. Come si è detto, Dio avrebbe certamente potuto redimere l’umanità in altro modo, ma dal momento che ha scelto questo modo, affinché Cristo potesse essere per noi non solo vittima per i peccati, ma anche Via, cioé modello di santità, Maria diviene necessaria alla Redenzione.

La verità di fede mariana della Corredenzione è però anche il termine medio per comprendere altre due verità mariane minori (ce ne sono diverse di questo tipo), ossia quelle espresse dai titoli di Maria Madre della Chiesa e Maria Madre della Grazia.

Infatti, dal momento che Maria è Madre di Dio, e quindi Corredentrice (come abbiamo visto); e dal momento che la Chiesa, come istituzione umano-divina, è lo stesso Cristo in quanto suo corpo mistico o spirituale; ne consegue che Maria è Madre della Chiesa perché è Madre di Dio.

Papa Leone XIII insegna che “la Vergine Immacolata, prescelta ad essere Madre di Dio, e per questo motivo fatta Corredentrice del genere umano, gode presso il Figlio di una potenza e di una grazia così grande che nessuna creatura né umana né angelica ha mai potuto né potrà mai raggiungerne una maggiore”.

Infatti, a buon diritto, Maria può essere anche venerata con il titolo di Onnipotente per grazia, a sottolineare ulteriormente la stretta cooperazione con il Figlio, l’Onnipotente per natura.

Se Maria è Madre della Chiesa, allora è anche Madre della Grazia, poiché la grazia è il dono dell’amore di Cristo che ci santifica. Essendo Maria Madre di Dio, e poiché la grazia proviene da Dio, Maria è giustamente chiamata Madre della Grazia. Cristo sulla Croce pronunzia sette frasi e una di queste è rivolta a Maria e san Giovanni, il “discepolo che egli amava”, immagine di coloro che vivono in grazia di Dio custodendo la carità. “Donna, ecco tuo figlio”, dice a Maria; e a Giovanni: “Ecco tua madre”. Così facendo, Cristo dichiarava Maria la nuova Eva. Come la prima donna si chiamò Eva perché madre di tutti i viventi, così Maria sulla croce diviene la nuova Eva perché Madre dei veri viventi.

Immacolata Concezione e Corredenzione di Maria

Perché Maria è stata concepita, per singolare privilegio di Dio, esente dal peccato originale sia nella colpa sia negli effetti? Non avrebbe forse Dio potuto generare la carne immacolata di Cristo nell’utero di una donna macchiata dal peccato originale? Certamente. Infatti, la stessa Maria, pur essendo Immacolata Concezione, è stata concepita dal concorso sessuale di due persone, i santi Gioacchino ed Anna, che dal peccato originale erano certamente macchiati, come tutti i discendenti di Eva.

Perché, dunque, Dio ha voluto che la Madre di Cristo fosse, come il Figlio, immacolata? Per capirlo, dobbiamo anzitutto capire che tipo di vittima il sacrificio redentivo esigeva. Abbiamo, infatti, detto che la definizione di Redenzione è questa: sacrificio di espiazione per il peccato originale e per tutti i peccati personali dell’umanità.

Dopo il peccato originale, l’uomo aveva perso il tesoro più grande, cioé la giustizia originale e la vita di grazia: in una parola, Dio stesso. Inoltre, l’uomo aveva peccato, dunque l’uomo doveva espiare. Ma, dal momento che Dio è infinito, solo un uomo capace di merito infinito avrebbe potuto soddisfare un debito di giustizia simile come il peccato originale: dunque, dal momento che il peccato originale si trasmette da padre in figlio, nessun uomo avrebbe mai potuto, con la dignità infima che ne è conseguita, compiere un sacrificio o una penitenza efficace. Da qui, Dio che per misericordia si incarna, cioé unisce la propria natura depositaria di dignità infinita, alla natura umana per sacrificare al posto di Adamo e della sua prole.

Ora, anche la natura umana doveva essere perfetta per rendere efficace questo sacrificio. Infatti, tanto più nobile è la vittima, tanto più nobile è il sacrificio. Per questo, l’umanità di Cristo doveva essere concepita priva di peccato originale e il sacrificio doveva avvenire nel momento migliore, cioé nella piena maturità della sua vita. L’Agnello sacrificato dagli israeliti nella notte di Pasqua è immagine di Cristo: “maschio, senza difetto, nato nell’anno, immolato al tramonto”, cioé alla perfezione o compimento del giorno.

In tre luoghi dell’Antico Testamento si legge, inoltre, di “non cuocere l’agnello nel latte di sua madre”, a prefigurare il rapporto privilegiato tra la Vittima Divina e la Madre, che è un rapporto di purezza intima. Il latte è nel linguaggio biblico uno dei simboli della vita nuova. Pensate al modo con cui Dio descrive la Terra di Canan, prefigurazione del Paradiso, “terra dove scorrono latte e miele”, cioé vita e verità. Non cuocere l’agnello nel latte di sua madre significa, nel senso più profondo, non mescolare la purezza della Madre con la pena del Figlio, come compartecipe del peccato che il Figlio espia. Qui troviamo una grande prefigurazione di Maria Immacolata.

Tuttavia, proprio perché Immacolata, Maria può offrire se stessa a Dio in sacrificio. Cosa offre di se stessa? Il Figlio. Solo Maria può offrire Cristo al Padre come qualcosa di proprio, sia perché è la Madre (Gesù è stato intessuto nel suo utero con il suo materiale biologico e genetico) sia perché è la Tutta-Pura. Questa condizione di immacolatezza, infatti, permette alla Madre di partecipare alla Passione di Cristo in maniera perfetta: addirittura, potremmo dire, come co-vittima. In teologia classica, si dice anche che Cristo redime l’umanità de condigno, cioé per una dignità che le è propria, che scaturisce dalla sua doppia natura umano-divina; Maria redime l’umanità de congruo, cioé per una certa uguaglianza. Maria, infatti, in quanto donna priva di peccato originale, è uguale a Cristo secondo la natura umana, ma non secondo la natura divina.

Pio XII insegna che Maria, “immune da ogni macchia, sia personale sia ereditaria, e sempre unita con il Figlio suo, offrì questi all’eterno Padre sul Golgota”. Attenzione: non sto dicendo che Maria ha redento l’umanità, ma che Maria ha compreso, sentito e vissuto perfettamente il dolore che Cristo ha patito, non solo quando si è offerto in oblazione perfetta per noi tutti, ma sin dalla Natività, pur senza soffrire nel corpo ma solo - altrettanto intensamente - nell’anima. Per questo, si legge che Maria “custodiva tutte queste cose nel suo cuore”, cioé meditava sul sacrificio estremo del Figlio, e per questa meditazione ella soffrì continuamente.

Per questo motivo, la liturgia tradizionale dei Sette Dolori di Maria (significativamente celebrata il 15 settembre, cioé il giorno dopo l’Esaltazione della Santa Croce) dice che Maria, “senza morire, ha meritato la palma del martirio sotto la Croce del Signore”.

Anche san Giovanni Paolo II, in perfetta continuità con la tradizione della Chiesa, ricordava come la partecipazione di Maria alla Passione del Figlio non fu solo affettiva, ma collaboratrice attiva all’opera della Redenzione. Nell’Udienza generale dell’8 settembre 1982 affermava infatti: “Maria, pur concepita e nata senza macchia di peccato, ha partecipato in maniera mirabile alle sofferenze del suo divin Figlio, per essere Corredentrice dell’umanità”. In queste parole del Pontefice risuona la dottrina perenne che vede nella Vergine Immacolata non una semplice spettatrice, ma una Madre associata intimamente all’opera redentrice del Figlio, “stante presso la Croce”, come insegna il Vangelo.

San Pio X, facendosi eco di questa pia tradizione, così insegna

Maria “dovette custodire, nutrire e presentare quella Vittima sull’altare [della Croce], nel giorno stabilito. Così ci fu tra Maria e Gesù una continua comunione di vita e di sofferenza, di modo che si può applicare tanto all’uno che all’altra la sentenza del profeta: La mia vita si è consumata nel dolore, i miei anni sono trascorsi nei lamenti. Quando venne per Gesù l’ultima ora, sua Madre stava presso la Croce oppressa dal tragico spettacolo e nello stesso tempo beata, perché suo Figlio si immolava per la salvezza del genere umano e, d’altronde, Ella partecipava talmente ai dolori di Cristo, che le sarebbe sembrato infinitamente preferibile prendere su di sé tutti i tormenti del Figlio, se fosse stato possibile”

E addirittura, san Pio X si spinge a dire che “[Maria] divenne legittimamente degna di riparare l’umana rovina e perciò di dispensare tutti i tesori che Gesù procurò a noi con la sua morte e il suo sangue. Certo, solo Gesù Cristo ha il diritto proprio e particolare di dispensare quei tesori che sono il frutto esclusivo della Sua morte, essendo egli per sua natura il mediatore fra Dio e gli uomini. Tuttavia, per quella comunione di dolori e di angosce, è stato concesso all’Augusta Vergine di essere presso il Suo unico Figlio la potentissima mediatrice e conciliatrice del mondo intero”.

Un termine ambiguo e sconveniente?

Secondo la Nota dottrinale, il titolo di Corredentrice sarebbe inappropriato “per definire la cooperazione di Maria” alla salvezza operata da Cristo, dal momento che “può generare confusione e squilibrio nell’armonia delle verità della fede cristiana”.

E ancora: “Quando un’espressione richiede numerose e continue spiegazioni, per evitare che si allontani dal significato corretto, non serve alla fede del Popolo di Dio e diventa sconveniente. In questo caso, non aiuta ad esaltare Maria come prima e massima collaboratrice dell’opera della Redenzione e della grazia, perché il pericolo di oscurare il ruolo esclusivo di Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo per la nostra salvezza, l’unico capace di offrire al Padre un sacrificio di infinito valore, non costituirebbe un vero onore alla Madre.”

Questa motivazione fallace dovrebbe portare a constatare, tra le altre cose, anche l’inopportunità di altri termini teologici non usati esplicitamente nella Scrittura e che, anche da un punto di vista storico, hanno causato molteplici fraintendimenti e discussioni teologiche durate secoli, come per esempio il termine Trinità riferendosi a Dio. I teologi musulmani, per esempio, ancora oggi non comprendono la differenza tra Dio trinitario e triteismo.

Se si comprende il significato autentico del termine Corredentrice, ogni difficoltà svanisce. Altro che numerose e continue spiegazioni! Nessun teologo cattolico ha mai inteso con questa parola un’uguaglianza assoluta tra Maria e Cristo nell’opera redentrice, ma certamente un’uguaglianza partecipata, in virtù del fatto che Maria e Gesù condividono la stessa natura umana incorrotta, mentre qualunque essere umano condivide sì con Gesù la stessa natura umana, ma non allo stesso livello di perfezione, perché tutti gli altri uomini  inclusi grandi santi, come san Giuseppe e san Giovanni Battista - sono stati concepiti nel peccato originale.

Questo pronunciamento - esso sì inopportuno e confusionario, oltre che errato  - rappresenta un ostacolo significativo al processo per proclamare solennemente il dogma di Maria Corredentrice, ma il neo-modernismo sarà sconfitto, come ogni eresia, proprio dalla Vergine Santissima, che è venerata anche come Regina delle Vittorie e Debellatrice delle eresie. 

Allora nella Chiesa potrà riecheggiare ancora una volta, come nei tempi antichi, il motto: de Maria numquam satis, “di Maria non si dirà mai abbastanza”. Chi onora la Madre, onora il Figlio.

Gaetano Masciullo 

Fonte ( q

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Martedì 18 novembre 2025

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