giovedì, novembre 20, 2025

LA COMUNIONE È IL PUNTO IN CUI IL CIELO SI PIEGA SULLA TERRA.



a cura di Veronica Cireneo 

Carissimi,  dedichiamo alla nostra formazione  morale e spirituale l'attimo di attenzione che merita questa serie di rivelazioni e detti di mistici, che esprimono con efficacia l'essenza stessa  dell'Eucarestia. Brano di cui se ne suggerisce la stampa e lo studio. Buona lettura.

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La Comunione è il punto in cui il Cielo si piega sulla terra

È l’ora dell’incontro, quando l’Eterno, velato nell’umiltà del Pane, entra nell’anima e vi prende dimora. 

Non è un simbolo, ma la realtà viva del Dio fatto uomo, che si dona intero, Corpo, Sangue, Anima e Divinità.

Ogni Ostia è un incendio d’amore che attende solo di bruciare nel cuore di chi lo riceve.

Il Signore stesso ha voluto gridarlo attraverso i mistici, perché noi non restassimo sordi al suo amore.

A Santa Faustina Kowalska

«Sappi, figlia Mia, che quando nella santa Comunione vengo in un cuore umano, ho le mani colme di ogni grazia e desidero donarla alle anime. Ma non Mi accolgono e Mi lasciano solo. Si occupano di qualcos’altro. […] Oh, quanto è triste per Me che le anime non conoscano l’Amore!» (Diario, 1385).

E ancora: «Oh, quanto mi addolora che le anime si uniscano così poco a Me nella santa Comunione! Attendo le anime e loro sono indifferenti verso di Me. Le amo con tanta tenerezza e sincerità, ed esse non Mi credono. Voglio colmarle di grazie, ed esse non vogliono accettarle. Mi trattano come una cosa inanimata» (Diario, 1447).

A Maria Valtorta

«L’Eucaristia è il miracolo dei miracoli. È il dono dei doni. Io non potevo fare di più per voi. Ho dato Me stesso, il Dio vostro, perché diventaste dèi per la mia Divinità che vi assimila a Me» (Quaderno del 1944).

E ancora: «Quando ricevete l’Eucaristia, Io vi do Me stesso intero: Corpo, Sangue, Anima, Divinità. Non un po’ di Me, ma tutto Me. È come se versassi in voi il sangue del vostro stesso cuore, la luce della vostra stessa pupilla, la vita vostra stessa, ma divinizzata» (Quaderni del 1943, 20 aprile).

• A suor Josefa Menéndez

«Quando ricevi la Comunione, Io entro nell’anima tua come Re nel suo palazzo. Tutto diventa mio: pensieri, desideri, facoltà, cuore. E se tu Me lo permetti, regno e vivo in te come in cielo» (Un appello all’amore, 2 dicembre 1922).

• A Santa Geltrude la Grande

Gesù disse: «Quando ricevi il mio Corpo, sappi che Io vengo a te con la stessa gioia con cui uno sposo corre incontro alla sua sposa» (Legatus divinae pietatis, libro IV, cap. 25).

• Alla Beata Alexandrina da Costa

«Ogni Comunione ricevuta con amore è una scintilla che accende il fuoco del mondo e lo trasforma. Con l’Eucaristia Io rinnovo la faccia della terra» (Diario spirituale, 20 febbraio 1941).

Queste parole non sono semplici ammonimenti, ma confessioni ardenti del Cuore di Cristo. Egli, Re dei re, si abbassa ogni giorno fino a farsi nutrimento dell’anima. Eppure troppe anime lo ricevono senza amore, senza attenzione, senza tremore.

La Comunione è la terapia dell’anima malata, è il fuoco che scioglie il ghiaccio dei cuori, è la luce che rischiara le coscienze. Ricevere l’Eucaristia significa permettere a Dio di prendere possesso della nostra miseria e trasfigurarla.

Per questo i santi non finivano di stupirsi. Santa Caterina da Siena affermava: «Se gli uomini conoscessero quanto Dio è presente nell’Eucaristia, le chiese non basterebbero più a contenere la folla dei fedeli» (Lettere, n. 368). Senza l’Eucaristia l’anima langue, con Essa fiorisce. Senza l’Eucaristia il cuore si indurisce, con Essa palpita della stessa vita di Cristo. Ogni Comunione è un Consummatum est rinnovato: tu in Lui, Lui in te.

La riverenza dovuta al Re

Ricevere l’Eucaristia non è un gesto qualunque: è accogliere il Dio vivo. Nulla al mondo richiede più rispetto, più umiltà, più amore. Eppure, quanti oggi si accostano come se fosse pane comune, senza genuflessione, senza silenzio, senza cuore. È un oltraggio alla Presenza reale, un segno di sciatteria che ferisce Cristo.

Gesù stesso lo rivelò a Santa Faustina:

«Il più grande dolore per Me è che le anime ricevano la santa Comunione con abitudine, come se non vi fossi presente. Non Mi preparano il cuore con la fede, l’amore, il desiderio. Vengo a loro e trovo un cuore freddo, indifferente» (Diario, 1288).

Questa è la radice: come riceviamo il Re dei re? Con ginocchia piegate, cuore contrito, sguardo abbassato? O con la leggerezza di chi non sa più distinguere tra sacro e profano?

La custodia della Tradizione

Il Rito Romano Antico, nella sua sobrietà e maestà, educa lo sguardo e il cuore. Ogni gesto, ogni silenzio, ogni inchino grida a chi partecipa: Qui c’è Dio.

– La Comunione si riceve in ginocchio e sulla lingua: perché le mani non sono degne di toccare l’Altissimo, e le ginocchia devono piegarsi davanti al Re.

– Il sacerdote pronuncia le parole sante da solo: Corpus Domini nostri Iesu Christi custodiat animam tuam in vitam aeternam. È un atto solenne, personale, un abbraccio di Cristo all’anima.

– Il silenzio profondo avvolge tutto: perché davanti al Mistero non servono parole, ma adorazione.Tutto questo forma e ammonisce, non solo con dottrina, ma con evidenza visibile: Dio è qui, Dio è vivo, Dio è santo.

Amore o sciatteria

Il modo in cui ci si comporta davanti all’Eucaristia rivela la fede o la sua assenza. Chi crede, si inginocchia. Chi ama, tace e adora. Chi non crede, tratta tutto con superficialità.

Santa Teresa d’Avila ammoniva le sue figlie: «Quando ricevete il Signore, fate che tutto in voi proclami rispetto e amore. Nulla vi sembri sufficiente ad onorarlo» (Cammino di perfezione, cap. 34).

Il fedele che frequenta il Rito Romano Antico percepisce questo immediatamente: non c’è spazio per distrazione o sciatteria. Ogni gesto richiama alla Presenza divina e al mistero. È un catechismo silenzioso, scolpito nei corpi e negli animi.

Ricevere Gesù in Comunione senza riverenza è un sacrilegio nascosto; riceverlo con rispetto e amore è il più grande atto di fede. Il Rito Romano Antico non è nostalgia, ma custodia: custodisce Dio dall’indifferenza degli uomini e custodisce l’uomo dalla propria superficialità.

Davanti all’Eucaristia, o si cade in ginocchio con amore, o si cade nella colpa con leggerezza.

20 novembre 2025

Fonte: La bellezza del rito romano antico.

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