sabato 5 luglio 2025

LA FEDE ROCCIOSA DI PAPA LEONE XIV E L'ALLERGIA DOTTRINALE DEI BIBLISTI COME IL MAGGI. Don Giuseppe Agnello.


a cura di Veronica Cireneo 

Un articolo come questo del sacerdote don Giuseppe Agnello non necessiterebbe di presentazione alcuna, per la correttezza e la sapienza di cui è infarcito, ma non si può contestualmente osservare come risulti con sempre maggiore evidenza il numero infinito dei guasti generati dallo scorso  pontificato. Guasti che però hanno attecchito sulla presa delle tenebre personali e sulla mala o poca fede. Balla così il pendolo del guasto, oscillando dallo shock degli ultradelusi, che non possono più credere nella bellezza, nella Grazia e nella sacralità del Papato, nonostante le evidenze, al creativismo di quelli che si sentono autorizzati a dire tutto e il contrario di tutto su Fede e Dottrina, nell'illusione che il caos degli anni scorsi possa giustificarli. Assomiglia, questa, alla categoria immarcescibile di quelli che vogliono sporcare il Papa...tout-court: tra tutte la più insopportabile per la patologica allergia alla Verità naturale e soprannaturale, tristemente manifestata dalla sua miglior rappresentanza, il mese scorso, per le strade orgogliose dei pride. Buona lettura

§§§ 

Quando l’idea s’impone sulla realtà, e l’individualismo fa da maestro al Cristianésimo, il pensiero filosòfico o teològico, político o scientífico, divèntano un gioco di ruolo o di parole, sganciato dalla verità e sottomesso al gusto o alle visioni parziali. 

Il Cattolicésimo ripugna questo appròccio alla realtà, sia per fedeltà alla sua natura, sia per protèggere tutti (non solo i cattòlici) da sonore illusioni. 

Pertanto, usando la testa con la luce della fede, se parla di diritti non dimèntica i doveri, e se parla dell’uomo, non lo tratta come un animale evoluto o una persona tutta emozioni, sensazioni e bisogni primarî: ne parla come di un soggetto razionale incline al male, ma destinato a grandi cose, se il Cielo diventa davvero il suo fine e orizzonte. 

La fede cattòlica fa dell’uomo il centro degli interessi di Dio, ma non per rènderlo un tiranello senza règole o un viziato senza virtú, piuttosto per dare glòria a Colui senza il quale non esisterebbe né l’uomo, né la famíglia, né la società, né il diritto. L’Incarnazione del Fíglio di Dio, dunque, non è un fatto su cui il cattòlico, come l’uomo in cerca di risposte, può sorvolare; è invece l’evento capitale e universale per la comprensione di tutto. 

Volete dunque che un Papa ignori tutto questo e piàccia al mondo? 

Pensate che le affermazioni chiare di ogni Papa sulla famíglia formata da un uomo e da una donna síano retrògrade? 

Le reazioni di certi teòlogi, biblisti e “cattòlici” che stòrcono il naso alle verità di sempre, sembrerèbbero pròprio condannare la chiarezza fontale di papa Leone XIV. 

Al Giubileo delle famiglie, infatti, il Santo Padre agostiniano ha detto: «Il matrimònio non è un ideale, ma il cànone del vero amore tra l’uomo e la donna: amore totale, fedele, fecondo». 

Dicendo che «non è un ideale», ha demolito cosí tutte le teorie su altre forme di “famíglia” omo, trans, Lgbt+ e símili, piú o meno arcobalenate. 

Dicendo che : « è il cànone del vero amore», ha riportato ogni còppia a un modello di riferimento che non passa di moda, ma è ancorato nel diritto naturale, il quale, come insegna san Tommaso, altro non è che «la partecipazione della legge eterna nella creatura razionale» (Sum. Theol., I-II, q. 91, a.2). 

Dicendo che:  « è tra l’uomo e la donna», ridà al corpo e alla sessualità, alle persone e alle loro differenze (genètiche, biològiche, e físico-psíchiche) il loro posto e il loro fine.

Specificando con i tre aggettivi «totale, fedele, fecondo» l’amore coniugale, ha distrutto tutte le narrazioni di “amore” egoístico, provvisòrio e genitale, di ogni tempo, ma soprattutto del nostro tempo. 

Su che base ha detto questo? Basàndosi sulla Rivelazione, che, al contràrio di ciò che pènsano i calunniatori della Chiesa, tiene conto della natura e della gràzia; di ciò che vale per tutti e di ciò che vale per un battezzato e per chi vive il sacramento del matrimònio. Il Papa si fa sempre Paladino della Legge eterna (naturale e soprannaturale) per risparmiare le sonore cantonate in questa vita e l’inferno dopo la morte. Dov’è lo scàndalo? Dove la novità?

Eppure una frase come questa ha procurato allergie, fastidî e attacchi da parte di persone che «prométtono libertà, mentre sono essi stessi schiavi della corruzione» (2 Pt 2, v.19). 

• Penso ad esèmpio a Franco Grillini, ma anche a dei cattòlici fuori binàrio. Ad esèmpio il 2 Giugno 2025, su La Stampa, Doménico Agasso intervista il biblista servita Alberto Maggi, molto noto per la sua predicazione lontana anni luce dal Magistero della Chiesa. La sua intervista si concentra pròprio su questa frase del papa. 

Il servita stavolta non parte in quarta con le sue bordate a dottrina, catechismo e verità eterne e stranamente dice: «Non è una questione di dottrina, che non è in discussione, ma di mentalità». Dopo i suoi suggerimenti su come la Chiesa deve comunicare a tutti l’accoglienza, mostra però come si può ignorare la dottrina invocando lo Spírito Santo: «La vitalità della Chiesa sta pròprio nel “ruolo” che Gesú affida - nel Vangelo di Giovanni - allo Spírito: “Vi guiderà alla verità tutta intera”. Non si tratta di prevedere il futuro, ma di comprèndere sempre piú a fondo il messàggio di Dio». Fin qui ci troviamo quasi d’accordo, sennonché il lupo perde il pelo, ma non il vízio di offrire novità al posto della verità, e creatività al posto della santità, sicché completa, ad una nuova domanda dell’intervistatore, il suo pensiero cosí: «Lo Spírito è garanzia di una Chiesa capace di rispóndere alle novità della stòria. Perché l’umanità càmbia: si modíficano i modelli relazionali, le strutture sociali, le sensibilità. Di fronte a questi cambiamenti, la Chiesa non deve avere paura, ma porsi in ascolto. Ha lo Spírito che la rende viva, creativa, profètica. Il perícolo è quando, spaventata, la Chiesa si rifúgia in vècchie risposte a domande nuove. Quando lo fa, le persone non ascòltano».

Tra le vècchie risposte della Chiesa a domande nuove degli uòmini del 2025, ci sta senz’altro la famíglia come l’ha voluta Dio. Lo capiamo, anche se qui non lo dice espressamente, da due cose. Primo: dalla conoscenza delle sue catechesi e dei suoi libri, dove si parla dell’omosessualità come di un tipo di amore che deve fiorire (cioè: che va praticata). Secondo: dalla constatazione che nell’artícolo dell’Agasso egli stesso dà su ciò che càmbia: «l’umanità càmbia: si modíficano i modelli relazionali». Purtroppo dobbiamo contraddire il Maggî su questo punto: l’umanità non càmbia nella sua decadenza e non càmbia nemmeno nel suo rinnovamento. Può toccare punte di aberrazione nella decadenza e vette di santità nel rinnovamento, ma mai càmbia a tal punto da esígere che la Chiesa, «in ascolto», cerchi altri principî, e altri valori: «Gesú Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre!» (Eb 13, v.8); e i figlî di Adamo pure: «Chi può dire: “Ho la coscienza pulita, sono puro dal mio peccato?”» (Pr 20, v.9). 

Per ogni Papa questo è chiaro, mentre per frà Alberto Maggî questo non è vero: Cristo ha espiato tutti i nostri peccati sulla Croce, e l’único peccato della Chiesa è rimasto l’èssere “Istituzione religiosa” che ama la legge e non le persone. 

Ovviamente questa Chiesa è solo nella testa e nelle parole del servita, ma la sua predicazione fa sempre crédere questo: Gesú non chiede ubbidienza, non ci vuole santi, non si offende di nulla; e «il Padre non pota…líbera». Quest’últime parole, dette davanti ad una associazione di omosessuali, ci índicano bene il grado di tradimento della Sacra Scrittura in nome dell’accoglienza.

(Per lui) ciò che líbera è l’accoglienza in sé e il messàggio evangèlico che Dio ci ama sempre e comunque, perché è Misericordioso, perciò il Padre non poterebbe mai nella vita di quelle persone pròprio l’omosessualità.

Diventa chiaro, in questo quadro, a che cosa conduce l’accoglienza del servita, quella di cui si è vantato su La Stampa: «Ho sempre accolto chi si sente escluso e ferito dalla Chiesa. Tantíssime persone omosessuali e transgender». L’accoglienza del Maggî làscia tutto com’è: sorride, abbràccia, òspita, ma non corregge, non istruisce: non ama queste persone «omosessuali e transgender». Mentre Gesú dice che fa nuove tutte le cose e corregge quelli che ama (Cfr Ap.21, v.5 e Ap.3, v.19), 

Alberto Maggî, nel libro “La verità ci rende líberi. Conversazioni con Pàolo Rodari” (Ediz.Garzanti, Milano 2024), nelle pàgine 140-142 accusa la Chiesa di offrire una «soluzione disumana e spietata» alle persone con questa inclinazione. 

E quale sarebbe la disumanità? Nel vívere il sesto comandamento, nel celibato e nella castità. Capite ora perché affermi che «l’umanità càmbia e si modíficano i modelli relazionali»? Perché oltre alle còppie secondo il modello di Adamo ed Eva, di Maria e di Giuseppe o di Àquila e Priscilla (Non sono due donne, ma un marito e una móglie amici di san Pàolo!), c’è un altro amore che lo Spírito Santo e la Chiesa dovrèbbero riconóscere: quello tra due uòmini o due donne, che, guidati da una tendenza, crédono che esista una “natura” omosessuale che non li rende “contro natura”. 

Il rispetto, l’amore e l’accoglienza di queste persone e fratelli, però, esige la verità nella carità e la carità di tante testimonianze di vita: persone che hanno capito se stesse, le ferite della loro stòria e l’invídia erotizzata che li ha condotti a “sentirsi” omosessuali. 

Chi prova pulsioni per lo stesso sesso, non sta cercando altro che quell’uomo o quella donna che non è e vorrebbe èssere. 

Un sacerdote e religioso come Alberto Maggî, dunque, farebbe tanto bene a coloro che accóglie, se riflettesse con loro alla luce della ragione che deve controllare gli istinti, della fede che deve illuminare la ragione e della scienza, che deve restare ancorata alla realtà. Se ne è capace, deve recuperare l’obiettività di chi ama la verità piú degli applàusi, e la persona piú della política

•Parliamo a lui (e lo faremo piú diffusamente nel libro “La Verità non è una barzelletta”, pròssimo alla stampa per i tipi di Amicitia Liturgica), per raggiúngere tutti coloro che sògnano un’altra umanità o una Chiesa imbavagliata dal politicamente corretto. 

A costoro rispondiamo con due pensieri di san Giusemmaria Escrivà: 

«(...) Non si può dimenticare che il nostro Maestro era – è !– «perfectus Homo» – perfetto Uomo» (Solco 421); pertanto: «Di fronte alla pressione e all’impatto di un mondo materializzato, edonista, senza fede…, si può esígere e giustificare la libertà di non pensare come “loro”, di non agire come “loro” (...) ?

Un fíglio di Dio non ha bisogno di rivendicare questa libertà, perché ce l’ha guadagnata Cristo una volta per sempre: però deve difènderla e dimostrarla in ogni ambiente. Soltanto cosí, “loro” capiranno che la nostra libertà non è vincolata alle circostanze» (Solco 423).

Segnaliamo l’inganno di chi, come il servita, vaghéggia altre còppie da riconóscere e altre famíglie da valorizzare, con relativi diritti e accoglienza degli stessi nella Chiesa. 

Dietro questo desidèrio c’è una metafísica della lotta che non è cattòlica, ma solo política assunta a senso della pròpria vita. Quando tuttavia il senso della pròpria vita è diventato un gruppo o una battàglia, come dice Douglas Murray ne: “La pazzia delle folle”: «anziché semplificare la pròpria vita, la si còmplica dedicàndola a una teoria che non risponde ad alcuna domanda, non fa alcuna predizione ed è facilmente falsificàbile» (p.374). 

Infine, omàggio al nostro Santo Padre “fíglio di sant’Agostino”, vogliamo ricordare ad Alberto Maggî che la Legge eterna non si oppone all’Amore di Dio, non lo nega e non lo sottrae ai suoi destinatarî, ma semplicemente si differènzia negli animali, negli uòmini e negli àngeli. 

Dice il Dottore della Chiesa: «L'azione dell'uomo che serve la fede, la quale a sua volta è sottomessa a Dio, tiene a freno tutti i piaceri mortali e li riconduce nella règola della natura, anteponendo i migliori a quelli piú bassi mediante un amore ordinato. Se infatti l'illécito non avesse attrattiva, nessuno peccherebbe. Pecca dunque colui che dà spàzio, piuttosto che porre un freno, al piacere dell'illécito. L'illécito è ciò che è proibito da quella legge mediante cui si conserva l'órdine naturale. È una questione complessa se esista una qualche creatura razionale che non sia attratta dall'illécito: se essa esiste, a quel gènere non appartiene né l'uomo, né la creatura angèlica che non rimase nella verità; questi èsseri razionali, infatti, fúrono creati di tal gènere che esistesse in loro la possibilità di frenare il piacere dell'illécito, non frenando il quale peccàrono. Grande è dunque anche la creatura umana, dal momento che essa è dotata per costituzione di quella facoltà per la quale, se avesse voluto, non sarebbe caduta. 

Grande dunque, e sommamente degno di lode è Dio che la creò. Creò anche èsseri inferiori, che non pòssono peccare; ne creò anche di migliori, che non vògliono peccare. Infatti la natura della bèstia non pecca, poiché non còmpie nulla contro la legge eterna, alla quale è cosí sottomessa che non può parteciparne

Al contràrio, la sublime natura angèlica non pecca, perché è cosí partécipe della legge eterna che soltanto Dio la attrae, alla cui volontà essa obbedisce senza sperimentare alcuna tentazione. 

L'uomo invece, per il cui peccato la vita sulla terra è tutta una tentazione, sottometta a sé stesso ciò che ha in comune con le bèstie, sottometta a Dio ciò che ha in comune con gli àngeli, finché, perfezionata la giustízia e raggiunta l'immortalità, non sia innalzato al di sopra degli uni e uguagliato agli altri» (Contro Fàusto manicheo, 22. 28).

Frà Alberto Maggî e chi la pensa come lui, in realtà, dimèntica che il battésimo ci dona la vita eterna, nel tempo e nell’eternità, ma ce la dà nella Chiesa, con l’impegno di osservare i Dieci Comandamenti non come dei no alla vita, ma come dei sí alla vera vita; e che dunque non c’è nulla di spietato e disumano nell’insegnare a rispettarli. 

In essi è declinato il grande comandamento dell’amore; in essi si misura il matrimònio come amore «totale, fedele, fecondo» dell’uomo per la donna e della donna per l’uomo; nella loro osservanza, si riconosce se siamo davvero amici di Gesú. 

Egli infatti ha detto: «Chi accòglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama» (Gv 14, v.21), non chi accòglie tantíssime persone omosessuali e transgender insegnando loro un altro Vangelo.

P. Giuseppe Agnello

Sabato 5 luglio 2025

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1 commento:

Anonimo ha detto...

Articolo scritto benissimo e che finalmente risponde a quei teologastri da quattro soldi che si spacciano per liberatori dell'umanità perché propalano eresie continue. Grazie Padre. Dio la benedica

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