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Ave o Maria piena di grazia….
Dedico questo breve scritto al Sacro Cuore di Gesù che ha tanto amato quegli uomini, dai quali non riceve che disprezzi.
L' idea del sacerdote che vorrei essere è la più conforme a ciò che Dio e la sua Immacolata Madre vogliono. O meglio, rubando il motto episcopale del molto Reverendissimo Card. Burke, vorrei essere un pastore... “secundum cor tuum”.
Ciò che un seminarista deve capire e sperimentare è che un sacerdote non è mai sacerdote per se stesso, ma esiste in ordine al servizio dei fedeli: "(…..) non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”. (Gal 2, 20).
L’amor proprio si spera che negli anni di seminario sia stato completamente o in gran parte sepolto o bene addomesticato, perché è: "un nemico che ogni tanto, come erba cattiva, ricresce e va sradicato". (cit. di San Bernardo)
Il sacerdozio non è mai un obiettivo di prestigio o di carrierismo. È infatti un onore, ma anche un grave onere, e più che un onore è una grande Grazia essere sacerdote.
Giungere alla Grazia di ricevere il Sacramento dell' Ordine dovrebbe essere strettamente parallelo all'' ascesa dell' anima, giunta al più completo rinnegamento del proprio io. Il ministero sacerdotale è un servizio di carità e piena dedizione alla Chiesa. Il maggior svuotamento di sé, equivale ad un maggiore frutto per le anime.
Sempre in servizio per il Signore vive per dargli gloria e per aumentare i cittadini del cielo.
Dare gloria a Dio e salvare anime è ciò che deve permeare l'opera di un ministro, possibilmente con la stessa ansiosa avidità che divorava il Cuore di Cristo, affinché anche la pecorella smarrita (Lc 15, 1-7 ) possa essere ritrovata ed il figliol prodigo tornare dal padre (Lc 15,11-32).
Ma per esprimere nel dettaglio il sacerdote che vorrei essere mi rifarò alle caratteristiche dell'apostolato di qualche Santo tra i miei preferiti.
Ecco allora che:
- vorrei avere lo Zelo di San Martino: monaco e Vescovo che lavoro' indefessamente fino all ultimo respiro tant’è che stremato dalle fatiche apostoliche giunse a dire al Signore:“Signore se sono ancora utile al tuo popolo non ricuso la fatica, altrimenti giunga la morte”.
- vorrei avere la carità e lo spirito di penitenza del Santo Curato d’Ars che riduceva le necessità corporali al minimo per donarsi interamente alle anime, stazionando per almeno dieci/dodici ore e anche di più nel confessionale quotidianamente , col caldo, col freddo e in ogni stagione.
- vorrei avere la dedizione allo studio di San Bonaventura e San Tommaso che non cercavano la la scienza che gonfia (1 Cor 8, 2), ma quella finalizzata a conoscere meglio Cristo, per amarlo di più e per farlo conoscere ed amare di più anche dagli altri.
- vorrei avere la diligenza e la responsabilità, nell' adempiere al ministero ricevuto, di un San Francesco di Sales che ben comprendeva, che il suo ufficio di Vescovo lo obbligava al buono e responsabile governo del suo gregge, al punto che pur di arrivare in visita pastorale, in tutte le parrocchie, senza saltarne una, giungeva a compiere veri propri gesti da acrobata. Come quando in varie occasioni dovette superare il letto dei fiumi a cavalcioni su dei tronchi o fare percorsi assai impervi in pieno inverno ed in montagna nonostante la non giovanissima età.
- vorrei avere la paternità e la sobria e sana allegria di un San Giovanni Bosco e di un San Filippo Neri,
- l' idea fissa di conquistare ogni cuore all’ Immacolata di San Massimiliano Kolbe
- la dolce devozione alla Rosario di San Pio da Pietrelcina o del Beato Gabriele Allegra.
- la fiducia nella Provvidenza di San Giuseppe Benedetto Cottolengo che asseriva, sepolto dai debiti e dalle preoccupazioni: " Bisogna prima soffrire, poi arriva la Provvidenza".
Vorrei impiegare ogni momento libero, dal confessionale e dall'insegnare la Dottrina Cattolica, ai piedi del Tabernacolo a pregare Rosari su Rosari.
- vorrei, come diceva don Dolindo parafrasando San Pietro andare in giro come leone ruggente, “alter Leone di Giuda” Gesù Cristo, cercando di fare il bene e spazzare la strada del mio cammino con fiumi di Ave Maria. Seminare ovunque le Ave Maria e invogliare altri con l' esempio a pregare inginocchiati o camminando o negli spostamenti di ogni genere. Pregare sempre!
Sì. Vorrei essere un benefattore dell' umanità perpetuamente e ogni attimo della mia vita, fino al mio ultimo respiro, allo stesso modo di come ben descrive l'Arciprete Luigi Martini nel suo: "Il seminarista che medita sopra il sacerdozio" dedicato al clero di Mantova:
“Ogni giorno, anzi ogni ora, ogni momento e ogni luogo presenta l' occasione al sacerdote di operare , essendo egli un‘ Ostia perpetua di espiazione, un mediatore assiduo, un apostolo di continuata beneficenza e d' indefettibile carità .
Che dimori in casa il Sacerdote, o che eserciti le sue funzioni in Chiesa, che corra per le strade, o sieda al circolo sociale , egli è sempre il maestro intorno al quale volge attento lo sguardo il fedele e l’incredulo, il vecchio ed il giovane, lo scienziato e l'idiota".
San Francesco di Sales era solito, prima di compiere ogni ufficio o azione, di prepararsi come se avesse dovuto celebrare la santa Messa! E questo il modo più serio di considerare e vivere il sacro ministero! Il sacerdozio deve essere visto come una serie continuata di atti liturgici, per far sì che tutta la vita sia una perpetua liturgia che trova il suo culmine propriamente nella celebrazione dei Sacri misteri e in primis nella Santa Messa.
Lavori dunque prima il cuore nella preghiera, dopodiche' siano le gambe e le mani a darsi da fare e quando queste hanno adempiuto il loro dovere, sia la mente ad entrare in azione con lo studio della sacra dottrina e nell'apostolato.
Il nostro essere sacerdoti di Cristo non conosca riposo, ma alterni la preghiera alle opere e queste allo studio, per illuminare e nutrire nella predicazione il gregge affidatoci e così sia.
Domine fac mihi secundum Cor tuum.
Un seminarista
11 novembre 2025

San Martino di Tours:
"Soldato per forza, vescovo per dovere, monaco per scelta".
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